giovedì 5 aprile 2018

Infortuni capitolo secondo. Dai carichi sbagliati le cause! MassaFisio su Bio Correndo!

Nuovo capitolo della sfera MassaFisio (Alessandria via Tortona 32) di Fulvio Massa. Oggi si parla di Sindrome da overuse!

L'esperienza del fisioterapista runner a disposizione del Podisti! Si parla di traumi e tutti noi ne sappiamo ahinoi qualcosa!

Le info: www.massafisio.it



La pagina FB: Il Centro della Corsa 


Qui l'intro per il lancio dei prossimi argomenti


 CAP 3.1 GLI SHOCK DELLA CORSA

In questa sezione farò riferimento agli infortuni che hanno una causa microtraumatica, cioè dovuta al ripetersi della stessa imperfezione per innumerevoli impatti del piede al suolo. Ogni infortunio di tipo microtraumatico ha alla origine una causa che non sempre è evidente, anzi a volte è celata da compensi, altre volte il podista tende ad attribuire la causa di un infortunio all'episodio scatenante: “stavo correndo a ritmo medio, ero caldo e a un certo punto ho iniziato a sentire male al piede...”. E' ovvio che il povero piede stesse subendo già da tempo degli insulti microtraumatici e l'insorgenza del dolore è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le cause microtraumatiche di un infortunio spesso non sono isolate ma si sommano ad altre, quindi in questo caso l'analisi della situazione non deve fare riferimento alla prima apparenza, ma deve essere più approfondita e prendere in analisi le concause. Generalmente l'infortunio di un atleta non dipende da un solo elemento causale ma dalla somma di più imperfezioni ed errori, che contemporaneamente si sommano fino a creare la patologia.
Sindrome da overuse
Una cosa è chiara, il podista si infortuna correndo. Da questa frase, apparentemente banale, si deve partire per analizzare il seguito del discorso. Va precisato che gli stimoli allenanti non agiscono mai su un unico bersaglio, ad esempio una ripetuta in salita interverrà sul sistema muscolare ma anche su quello cardiorespiratorio, ecc. con dei tempi di recupero che non saranno necessariamente uguali tra loro, pertanto non basta non sentire più i muscoli affaticati dopo un lavoro fisico per garantire un ripristino anche degli aspetti metabolici degli altri tessuti. I substrati energetici dell’atleta sono sottoposti ad un’alternanza tra la fase catabolica, durante la quale subiscono una degradazione che coincide con lo sforzo, e la fase anabolica, ove si assiste ad un ripristino di questi substrati all’interno delle strutture, fase che coincide con il riposo dopo la prestazione quindi con il recupero. Su questi concetti si basa il termine supercompensazione. Un allenamento di qualsiasi natura esso sia, che sia dotato di sufficiente intensità e durata, provoca una stanchezza dell’organismo che corrisponde ad una diminuzione delle prestazioni; a questa fase l’organismo fronteggia con degli adattamenti che lo portano a ricomporre le qualità iniziali (compensazione) ed addirittura ad un miglioramento del livello di prestazione iniziale (supercompensazione). Se, mentre si trova al culmine del processo supercompensativo, l'organismo viene sottoposto ad un nuovo stimolo allenante di analoga intensità, il processo anabolico di rigenerazione si ripete. Tale stimolo va a rinforzare ulteriormente i precedenti effetti della supercompensazione, adattando le capacità dell'organismo all'impegno energetico richiesto. Dopo vari stimoli allenanti il corpo sposta il proprio equilibrio ad un livello prestativo superiore ed interpreta lo stress fisico che aveva precedentemente generato la supercompensazione, come un evento assolutamente normale. Se lo stimolo allenante mantiene un'intensità costante nel tempo, il corpo si abitua e gli adattamenti biologici diventano sempre minori, fino ad annullare totalmente la possibilità di nuovi processi compensativi. Si rendono quindi necessari stimoli allenanti di maggiore intensità, per perturbare nuovamente l'omeostasi e stimolare una nuova e proficua supercompensazione. Nonostante in proposito esistano differenze individuali significative, la formazione di processi di adattamento supercompensativi ha tuttavia un limite. Mano a mano che il livello prestativo di un atleta cresce, la possibilità di sconvolgere l'omeostasi interna e produrre nuovi adattamenti si riduce sempre più. Anche se si rispettano tutti i princìpi base della metodologia dell'allenamento, il rendimento di un atleta non può corrispondere ad un'ascesa costante. Tanto più lo stimolo allenante è intenso e tanto maggiore dovrà essere il tempo di recupero. Per questo motivo è impossibile mantenere il top della condizione per periodi di tempo molto lunghi. Il principio di adattamento esposto non deve essere riferito solo alle capacità di allenamento organico dell'atleta ma deve essere esteso alle sollecitazioni adattative di tutti i tessuti della locomozione: muscoli, tendini, legamenti, cartilagini, capsule, fasce...
E' di fondamentale importanza ricordare sempre questa regola perché costituisce la base su cui ragionare per potersi allenare, crescere, progredire e, soprattutto, dosare gli sforzi con criterio per evitare infortuni.

In sintesi, la sollecitazione meccanica generale applicata al corpo non deve mai superare la capacità massima del corpo per l'adattamento.
Per questo motivo ritengo che la principale causa degli infortuni del podista sia da attribuire ad una errata metodologia degli allenamenti.

Nessun commento:

Posta un commento