I follower della prima ora sanno che ci sono momenti in cui il podismo viene accantonato per altri genere di racconti o la considerazione di alcuni fatti che esulano dal mondo sportivo. Oggi è uno di quelli.
Tra ieri e oggi ho stretto non so quanti mani, ho letto, scritto e risposto a decine di auguri di buon anno. Ho sorriso a chi senza troppi freni inibitori ha scritto che non ne poteva più degli auguri, qualcuno in modo secco, altri con qualche vignetta simpatica che ha stemperato le parole che senza il tono della parola possono sembrare anche scontrose.
E' vero. Il periodo può risultate stucchevole, diciamolo. Si arriva al 1° gennaio saturi di auguri, buoni propositi e di contatti con persone che durante l'anno non si vedono e non si fanno sentire. Non nascondo che ogni tanto mi chiedo se sia normale tutto questo, ma evidentemente lo è se il "cerimoniale" si ripete senza incrinature ogni anno da sempre.
Non so se a qualcuno sia passato per la mente il dispiacere di non ricevere una telefonata o non avere la possibilità di sentire un amico. Il mio pomeriggio è passato invece così. Un amico che ha pensato di andarsene troppo presto, un amico che non sono riuscito a salutare e che spesso è presente nelle mie giornate e nei miei pensieri.
Una chiamata sola per tutto il periodo festivo, una telefonata dove ci saremmo presi in giro per qualcosa, dove avremmo messo in discussione il senso degli auguri, ma che sarebbero stati Auguri veri, quelli che si fanno gli Amici. Gino mi manchi e ho le lacrime agli occhi mentre scrivo queste ultime righe.
La filastrocca di Rodari l'ho ricevuta questa mattina da una bella persona ed è per tutti voi che la trovate ricca di significati. Gino mi avrebbe mandato a quel paese, ma gli sarebbe piaciuta!
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