A voi:
Un anno fa di questi giorni mi iscrivevo alla Maratona di
Milano 2017, sarebbe stato l’esordio sulla distanza, una bella sfida per un
trailer (più precisamente un trekker svelto) abituato sì alle lunghe distanze,
ma non certamente al mantenere un ritmo costante su asfalto.
Dopo mesi invernali di allenamenti strutturati (ripetute,
medi, lunghi e lunghissimi) a tre settimane dalla maratona mi ritrovo con una
periostite tibiale verosimilmente attribuibile al sovrallenamento.
Così, dopo aver visto la maratona a bordo strada, tre giorni
dopo, all’apertura delle iscrizioni decido di ritentare la sorte ad Atene.
Dopo sette mesi, con nessun lungo sopra i 25km e nessuna
tabella seguita maniacalmente, mi trovo un venerdì pomeriggio al check-in di
Malpensa, in coda con altre decine di maratoneti, a valutare l’entità dell’azzardo
che sto per compiere.
Qui ritrovo l’amico Fiorenzo e conosco il casalese Stefano.
Con quest’ultimo e le rispettive mogli archeologhe (che immagino si
aspettassero un esordio ateniese più consono ai propri interessi) attraversiamo
tutta la città su un improbabile autobus per ritirare i pettorali all’Expo
collocato in una delle tante strutture sportive ereditate dalle Olimpiadi nei
pressi del Pireo; non proprio una scelta felice dal punto di vista logistico, a
mio parere.
Per raggiungere l’ambito pettorale bisogna attraversare un infinito
labirinto (sarà una deformazione mentale greco minoica?) costituito da decine
di stand; resistere alla tentazione di improbabili acquisti è un po’ come per
Ulisse resistere alle sirene, tutto va bene fino alla fine quando compro un
mezzo chilo di anacardi caramellati; la scusa del carico pre-gara mi mette al
riparo da ogni critica.
Il sabato, in barba al canonico consiglio “non camminare
troppo il giorno prima”, viene speso con la visita all’Acropoli ed alle
adiacenti aree archeologiche.
A fine giornata saranno 10km con un bel dislivello; eccellente,
almeno (oltre al tendine d’Achille dolorante) ho a disposizione un’ulteriore
scusa da sfoderare in caso di una prevedibile debacle.
Domenica mattina l’appuntamento con Stefano è alle 6 in
Piazza Syntagma, uno dei numerosi punti di raccolta per i 18500 partenti che
dovranno essere trasportati al via. In mezzo ai centinaia di runners
provenienti da ogni angolo del piante è facile trovarmi, sono quello con gli
occhiali da sole nel buio pesto del mattino ateniese; d’altra parte partire con
due paia di occhiali sarebbe stato un po’ troppo.
L’organizzazione, evidentemente rodata, non mostra alcun
punto debole; il pullman attraversa rapidamente la città e si infila su una
sorta di superstrada che, tra scollinamenti vari, conduce a Maratona.
Percorriamo l’intero tracciato di gara e mi rendo conto subito,
malgrado il buio, che non sarà esattamente una gara da ricordare per la
bellezza del paesaggio.
A Maratona i mezzi vomitano migliaia di podisti, ci
incamminiamo lentamente verso lo stadio ed i furgoni che raccolgono le sacche
che troveremo all’arrivo.
L’atmosfera è caoticamente ordinata, lo stadio è piccolino,
stracolmo.
C’è gente che si riscalda in pista, ma il 90% della folla è
intruppato in file che puntano inesorabilmente i bagni chimici che ricalcano l’intero
perimetro dell’impianto; l’aspetto è quello di un girone dell’inferno dantesco,
l’interno del wc chimico toglie ogni eventuale dubbio.
Io e Stefano vaghiamo un po’ ingannando l’attesa, poi ci
dividiamo verso i rispettivi blocchi di partenza; mi tocca il quarto,
evidentemente il mio tempo sulla mezza mi garantisce una partenza favorevole,
ma ampiamente sopravvalutata rispetto alle mie attuali possibilità.
Fa parecchio caldo, alle 9 partono i top runners, tre minuti
dopo scatta il mio blocco; dopo i primissimi chilometri si abbandona temporaneamente
la viabilità principale per correre intorno a quella che sembra una grande
rotonda, ma in realtà è l’enorme tumulo che raccoglie le spoglie degli ateniesi
caduti in battaglia. Per qualche istante mi ritrovo al ginnasio a sudare sulla
versione di greco, delle bimbe che distribuiscono rametti di ulivo mi riportano,
per fortuna, alla realtà poco prima di prendere l’ennesimo 3 nel compito in
classe.
Ogni 2,5km ci sono bottigliette d’acqua, non salto un
ristoro; il percorso inizia a salire, inesorabilmente e costantemente. Nella
mia tabella mentale il passaggio alla mezza sarebbe stato in un bradipesco 2h00,
ci passo con tre minuti di ritardo; molto bene, la tattica da qui in avanti
sarebbe “cautissimi fino al 31° poi giù a palla nei dieci chilometri di discesa
verso lo stadio”.
Peccato che la realtà ateniese non corrisponda ai progetti fatti
seduto sul divano vercellese; la salita non è trascendentale, ma il vento
contrario è molto fastidioso e non si può cedere un attimo. Vengo superato da
un tipo che indossa un elmo da oplita e non credo sia una visione dovuta alla
stanchezza.
Il percorso, quello visto dal pullman, alla luce del sole
non è certamente mozzafiato, però il tifo è notevole: bambini ovunque a lato
strada che chiedono il tuo “cinque”, musica, volontari.
Una grande festa, non esattamente paragonabile alla simpatia
degli automobilisti milanesi, insomma. 2h59’ al 30°, come da previsione, ottimo; al 31° si scende
sotto un cavalcavia, dopo la risalita sarà tutta discesa; l’obiettivo 4h è
fuori portata, ma non dovrei eccedere di troppo. E’ proprio qui che si palesano
i crampi al quadricipite sinistro, sarà che non ho mai fatto un lungo sopra i
25?
Mi accosto a bordo strada e mi metto pazientemente in coda
dal paramedico che fa i massaggi, quanto meno pare essere una patologia molto
in voga a questo punto della competizione.
Da qui in poi alterno corsa, il tifo è sempre più pressante;
il passaggio sotto l’ultimo cavalcavia è scandito dal rimbombare impressionante
dei tamburi suonati da un gruppo di musicisti.
Ricomincio a corricchiare in città, dopo l’ultima curva a
sinistra una breve discesa tra due ali di folla ed all’orizzonte l’ingresso
allo stadio.
La struttura è impressionante, non più strapiena come per
l’arrivo dei primi, ovviamente, ma davvero emozionante; una ventina di minuti
oltre le 4h, sinceramente non mi importa, sono troppo contento.
Le ultime calorie a disposizione servono tutte per reggere
il peso della mega medaglia, non tanto più piccola dello stadio che raffigura.
Concludendo, pur essendo il mio esordio e non avendo termini
di paragone, posso dire che la maratona per organizzazione (posizione dell’Expo
a parte), tifo e bellezza dell’arrivo merita assolutamente di essere corsa. Il
percorso non regala paesaggi e passaggi da ricordare, come credo possa fare
Roma, ad esempio; però è il giusto prezzo da pagare sull’altare della
tradizione che permette di ripercorrere idealmente il
tragitto che portò Filippide da Maratona ad Atene
12/11/2017, Athens Marathon, km 42,195, Atene, RICERCA RISULTATI
Stefano Giovanni Galloro, GP Trinese, 445° - 4h23'22"
Enzo Torti, Cartotecnica Piemontese, 755° - 5h32'28"
Stefano Gotta, libero
Stefano Gotta, libero
Daniela Gallia, Cartotecnica Piemontese
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