Sottotitolo (ricordi e considerazioni)
(racconto scritto nel 2007
e pubblicato sul numero 3/2009 della
rivista XRun)
In questi pomeriggi di riposo
forzato a causa di una fastidiosa borsite retro calcaneare che mi
affligge da un anno sia fisicamente, impedendomi di correre come vorrei, che mentalmente, rendendomi nervoso e particolarmente pensieroso riguardo il mio futuro podistico metto ordine negli armadi tra i vari libri, ritagli, articoli e risultati di gare passate.
affligge da un anno sia fisicamente, impedendomi di correre come vorrei, che mentalmente, rendendomi nervoso e particolarmente pensieroso riguardo il mio futuro podistico metto ordine negli armadi tra i vari libri, ritagli, articoli e risultati di gare passate.
L’altro giorno mi è capitato tra
le mani il volumetto con le foto e la classifica della maratona di Cesano
Boscone del 6 novembre 1994 e come un flash back dei film son tornato indietro
a quella esperienza ed ai momenti che l’hanno preceduta non nascondendo un filo
di commozione.
Era già da qualche anno che mi
frullava nella mente questo proposito. A dire il vero come regalo di laurea mi
ero prefissato la partecipazione alla maratona di New York ma, un po’ per
carenza cronica di fondi, un po’ per mancanza di accompagnatori al seguito,
l’idea della maratona era un po’ sfumata negli anni.

Pizzolato e Bordin, nonostante le
loro vittorie a New York e Seoul non erano riusciti a trascinare le folle a
percorrere 42km. I vari Morandi, Fogli, Linus giocavano ancora a pallone con i
colleghi di bevute e mangiate, le marche sportive non investivano nella ricerca
e nella sponsorizzazione degli eventi e pertanto le vere maratone si contavano
sulle dita di due mani. A parte Roma, Venezia e Torino spesso le altre gare
venivano organizzate su distanze vicine ai 42,195 ma senza un’effettiva
misurazione ufficiale ed omologazione. Altre volte il chilometraggio era reale
ma poi non venivano transennate curve, marciapiedi e così, spesso, molti
podisti si “ritagliavano” un proprio percorso personalizzando così il
chilometraggio.
Alle maratone si avvicinavano
discreti “pistaioli” a fine carriera
in cerca di qualche soldino e podisti della domenica con qualche velleità ed
esperienza, anche perché il tempo massimo (quasi sempre di 4 ore) scoraggiava
la partecipazione popolare.
Così, dopo giovanili esperienze
nel basket e nel salto in alto e alcuni anni di onorata militanza podistica
nelle non competitive domenicali, qualche mezza maratona e corsa popolare (stramilano,stratorino,vivicittà) e
alcuni triathlon mi decisi al grande passo.
Il libro “Correre è bello” e le riviste “Correre”,
“Vai” e “Jogging” erano i miei punti di riferimento anche perché non erano
ancora apparsi i vari guru con le loro tabelle di allenamento, diete e
dissertazioni varie.
L’allenamento base era costituito
da km, km e ancora km e, leggendo quelle poche notizie di chi aveva già provato
l’avventura e, spesso, ne usciva cotto e distrutto prima ancora di iniziare, un
po’ ero spaventato da “tanto sentito dire”.
Non essendoci ancora la massa
anche le marche sportive proponevano pochi modelli specialistici e a rivedere le
scarpe e l’abbigliamento di quei tempi viene da sorridere a pensare ai
materiali usati:le tomaie erano in pelle con assoluta mancanza di
ammortizzamento nei talloni ed i calzoncini e le canotte in satin provocavano
sfregamenti dolorosi dappertutto. Insomma l’improvvisazione regnava sovrana e
scarsi e sballati risultavano gli allenamenti (l’ultimo e unico lungo di circa
2h addirittura la domenica prima!)
La scelta era caduta su Cesano
Boscone (Milano) perché facilmente raggiungibile, con percorso pianeggiante e
anche per la garanzia di comprovata serietà e organizzazione; colleghi di
fatica Maurizio e Lorenzo, infaticabili e indispensabili compagni al seguito in
bicicletta Claudio e Giuliano.
La data si avvicina, la paura di
non farcela cresce come anche la pioggia che ormai da diversi giorni
scendeva
copiosa. Le previsioni meteo non promettono niente di buono anzi, per sabato e
domenica è previsto un ulteriore peggioramento: pazienza il battesimo sarà
bagnato e come la sposa speriamo sia fortunato.
Domenica alle 6 il ritrovo in
piazza, carichiamo le bici ma caspita quant’acqua, troppa…In macchina le
preoccupazioni aumentano:certo che 42km son tanti, se poi anche le condizioni
meteo son così sfavorevoli sarà veramente un’impresa arrivare alla fine.
A Cesano Boscone, paesone alla
periferia di Milano, c’è molta animazione anche se cominciano a giungere voci
di forfait dei podisti torinesi e astigiani rimasti bloccati a casa dal
maltempo. Si tratta comunque sempre del campionato italiano e i migliori
fondisti del momento son alla partenza e dietro di loro ci siamo anche noi con
la speranza di classificarci entro il tempo massimo di 4 ore prima che vengano
aperti al traffico gli ultimi km. Ci cambiamo nei corridoi delle scuole
elementari e lì vedo Gianfranco di Alessandria alla sue ennesima maratone che
mi saluta e mi incoraggia a non ritirarmi a meno di problemi gravi e poi
decido:anche se fa freddo e piove che Dio la manda corro solo con la canotta e
poi un berrettino per coprirmi quei pochi capelli che ancora ho. Abbondo nella
vaselina sulle cosce per gli sfregamenti e nello start oil contro il freddo,
consegno la borsa e poi fuori sotto l’acqua!
Nel marasma della partenza perdo
di vista Maurizio e Lorenzo, l’incontrerò più avanti. La banda del paese suona
per darci la carica ma per strada ci siamo solo noi. Alzo lo sguardo e da
dietro le finestre vedo gente in pigiama che ci osserva tra un misto di
ammirazione e commiserazione. Lo speaker ci saluta, il poco pubblico (amici,
conoscenti) applaude. Lo sparo:si parte e che Dio ce la mandi buona!
I primi km sono all’interno della
città e poi inizia il piattone in mezzo alla campagna in un percorso di andata
e ritorno. Dopo qualche km finalmente vedo spuntare un volto amico, è Giuliano
che in mountain bike mi segue e mi racconta di aver avuto qualche problema con
un carabiniere che voleva fermarlo (!?!) impedendogli di entrare nel percorso
di gara. Più avanti, intorno al 15km, intravedo la lunga sagoma di Lorenzo che
sta bisticciando con la fascia del cardiofrequenzimetro che, a causa della
pioggia, continua a scivolargli sul petto. Io invece ho solo un cronografo con
5 memorie anche perché, impugnando i due flaconcini di enervitene, avrei problemi a schiacciare i tasti. Lo supero
incoraggiandolo perché, forse partito un po’ troppo forte, sta rallentando,
comunque è seguito come un’ombra dal suo “assistente” Claudio che è pronto per
ogni sua richiesta. Ma ecco che comincio ad incrociare dall’altro lato della
strada i primi atleti che stanno ritornando e così completare la loro gara.
Caspita, che veloci, sembra che saltino sulle pozzanghere!
Non ci sono ragazzi di colore
(infatti nelle maratone di quegli anni non era ancora visibile la calata in
massa di stranieri alla ricerca di ingaggi e montepremi). Il divario tra i
primissimi e gli inseguitori è assai netto. Dopo qualche minuto arrivano
gruppetti di 4 o 5 atleti che disposti a ventaglio cercano di proteggersi dal
vento che sta spirando contrario. Vedo però anche diversi pulmini che
trasportano i primi ritirati:cerco di non pensare a eventuali crisi e
soprattutto al 30°km che a detta di tutti gli allenatori e maratoneti
costituisce il muro della verità. Adesso incrocio Maurizio, corre spedito e
tranquillo verso il ritorno, conscio delle sue forze ed esperienze in
precedenti maratone e memore del percorso che aveva già affrontato in passato.
Ci salutiamo, ormai il giro di boa posto a metà percorso dovrebbe essere
prossimo e difatti eccolo in fondo all’ennesimo rettilineo:1h40 e 15 ai 21, non
male, tenendo conto della partenza e della prudenza iniziale. Non sto faticando
e sto bene a parte la pioggia fredda che comincia a farmi male sulle cosce e
sui polpacci:forse avrei dovuto mettere i pantaloncini lunghi!
E’ ora di bere il primo
flaconcino di enervitene…ma è una
parola:le dita son bagnate e non riesco a svitare il tappo, provo con i denti,
niente, anzi mi taglio le labbra che iniziano a sanguinare. Giuliano non è
nelle vicinanze per farmi aiutare. Preso dallo sconforto mollo un’imprecazione
e butto in un fosso quella che doveva essere la mia “bomba”.L’altra bomba non
voglio usarla perché era prevista al 30°km. Pazienza, prendo uno zuccherino e
uno spicchio di limone al rifornimento e speriamo in bene.
Improvvisamente senza l’aiuto
psicologico del flaconcino mi prende l’ansia di non farcela a finire la gara;ho
freddo, mi sanguinano le labbra, le calze zuppe d’acqua mi stanno provocando
una vescica, vedo gente che si ferma e aspetta pulmini stracarichi di ritirati
e oltretutto piove sempre più forte. Ci riuscirò?
Adesso son io ad incrociare altri
podisti che devono ancora arrivare al giro di boa e son loro che mi guardano
quasi volessero essere al mio posto. Mi consolo.
Ecco il cartello del 30°km. Qui
comincia la maratona:il famoso muro! E’ ora di assumere l’altro (unico) enervitene. Questa volta non mi faccio
prendere dal panico, rallento, lo avvolgo nel lembo della canotta, finalmente
lo riesco a svitare e lo bevo con avidità e soddisfazione, mixato al sangue
della labbra. Ora ho l’antidoto contro ogni crisi, fatica e anatema dei guru!
I km vanno che è un piacere,
supero ragazzi che camminano;33,34,35, i cartelli son costanti come la mia
andatura. Arriva Giuliano che ha appena lasciato Maurizio che nel finale ha
rallentato; mi incita “dai che è finita!”. In lontananza vedo i primi casermoni
di Cesano, ci siamo:36,37,38..38..38!!!
Ma cosa mi succede? La gamba
destra mi sembra un blocco di marmo, mi guardo la scarpa, la tomaia è rossa di
sangue vicino al mignolo. Si è sgonfiata una vescica e per cercare di non
sentire il bruciore inconsciamente ho cambiato l’appoggio e ora ho paura di
avere un principio di crampo..No, non può finire così! Non devo fermarmi a
camminare. Ho letto che bisogna resistere e trovare una motivazione valida per
andare avanti. Penso allora: prima mi tolgo dall’acqua e quindi prima mi faccio
la doccia e mi cambio e mangio qualcosa di caldo. Infatti adesso comincio a
sentire la fame, forse ho mangiato poco a colazione o mi è mancata una “bomba”…
Per fortuna si entra in città,
anche se solo per un km. Infatti il 40km
sarà il tratto che mi ricorderò per sempre. Stiamo fiancheggiando la
tangenziale che porta i milanesi all’autostrada e ai vari centri commerciali.
Ci separa solo il guard rail dall’inferno! Le pozzanghere sono ormai dei laghi
e gli automobilisti che ci vedono correre aumentano la velocità e sembra che si
divertano a centrarle per provocare una serie continua di ondate effetto
tsunami. Finalmente arriviamo sotto un cavalcavia:è il primo riparo che
troviamo dopo più di tre ore e qualche podista ne approfitta per pulirsi gli
occhiali sporchi di fango. Giuliano è lì che mi dice che posso scendere sotto
le 3h30!Francamente non m’interessa niente del tempo e gli dico che voglio solo
arrivare in fondo.
Girata la curva trovo il cartello
del 41km. Vedo gente che esce da messa, sento i primi applausi, accompagnatori
di podisti ci gridano che siamo grandi e che è fatta.
Si sente la voce dello speaker,
vedo i cartelloni pubblicitari, son ormai in trance agonistica. Mancano 195m,
la moquette rossa posta sull’asfalto mi dà slancio, non sento più nessun dolore
e riesco a conservare uno stile da vero maratoneta come poi vedrò nella foto
dell’arrivo.
Al termine di una gara c’è chi
piange, chi si commuove, chi ride. Io invece ricordo i denti digrignati, il
senso di liberazione, il mio grido “alè, è fatta!” e la pacca sulla spalla di
Giuliano all’arrivo, che mi ha seguito per tutta la giornata e devo ringraziare
per l’assistenza e gli incitamenti.
3h25’22’’è il tempo finale: non
ci credevo ancora, avevo corso in continuazione per oltre 42 km senza fermarmi! Si
poteva far meglio ma anche peggio ed arrivare oltre il tempo massimo delle 4
ore e non essere classificati. L’importante era finirla! Poi si sarebbe visto
per il futuro
All’arrivo anche io ho il famoso
telo di alluminio che mi protegge quasi come un plaid. Subito una doccia
bollente ristoratrice in un mitico tendone militare e poi un piatto di gnocchi
al ragù nella mensa scolastica insieme agli altri. I volontari si complimentano
con tutti e si fanno in quattro per aiutarci. Ci sono tanti visi sconvolti, tra
cui i miei compagni di avventura, ma anche tanta soddisfazione. Ora si ride, si
scherza, si ripensa alle paure e alla giornata epica che sarà da raccontare poi
al nipotino davanti al caminetto.
Maurizio conclude se ricordo bene
in 3h18, Lorenzo un paio di minuti dopo di me.
In auto ascoltiamo alla radio i
risultati delle partite ed anche un annuncio drammatico:il sindaco di Alessandria
è alla ricerca di gommoni e barche per la situazione di emergenza. E’
alluvione! Temiamo per il ritorno ad Acqui, ma per fortuna, questa volta siamo
stati risparmiati dal disastro.
In conclusione che dire: pensavo
alla crisi del 30°km e l’ho avuta al 38°, pensavo di non camminare il giorno
dopo ed invece ricordo il male alle braccia e alle dita per aver impugnato i
due famosi flaconcini di enervitene,
pensavo di prendermi raffreddori ed influenza per il diluvio e invece niente.
Il destino ha poi voluto che le
altre mie prime volte (sotto le 3 ore in maratona, il 1° ironman) fossero
caratterizzate da pioggia, vento contrario, grandine quasi a voler aggiungere
una ulteriore difficoltà agli sforzi stessi.
Son convinto che se a Cesano mi
fossi ritirato probabilmente non avrei più corso maratone, né ironman, né
superato altre dure prove personali.
Da allora di “acqua sotto i
ponti” ne è passata tanta, ho tagliato il traguardo dei 42 altre 41 volte, ho
fatto 4 ironman, 1 powerman (n.d.r. al
01.11.2014 60 maratone,5 ironman,2 powerman)e miriadi di gare in pista, mare,
laghi, in paesini e metropoli, ma i ricordi di quel 6 novembre 1994 a Cesano Boscone, di quelle
docce volanti al 40° e del sangue alle labbra resteranno per sempre impresse
nella mia memoria.
Paolo Zucca
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